Buona fortuna - Barbara Fiorio
Quando progettavo il mio futuro non avevo previsto di venire contraddetta dalla vita o forse avevo adottato con troppo candore il cliché standard della donna italiana e davo per scontato che a quest’età avrei avuto un lavoro stabile, un marito stabile e una serenità stabile. E invece.
Che errore che ho fatto a lasciare questo romanzo a prendere polvere in libreria! Seguo da tempo Barbara Fiorio su Facebook e sul suo blog ma finora non mi ero ancora avventurata a leggere un suo libro: già dai suoi status e dai suoi post avevo capito che il potenziale perché mi piacessero c’era tutto, ma, temendo una delusione, ho continuato ad attendere. Complice lo stress da studio e un periodo un po’ pesante, ho pensato di buttarmi su Buona fortuna, sperando che il titolo fosse profetico… e così è stato. Il romanzo di Barbara Fiorio è stato per me una ventata di aria fresca.
Margot è una giornalista con un contratto a progetto, una gatto di nome Diesel e un fidanzato noto ai più come Tormento. Addetta alla sezione “Cultura”, si ritrova costretta a scrivere articoli decisamente singolari, seguendo l’ispirazione della sua capa. Un giorno, alla ricerca di alcune informazioni per un approfondimento sul gioco del lotto, entra in una piccola ricevitoria di Genova: lì conosce Caterina, l’anziana proprietaria, e questo incontro lascerà un segno indelebile nella sua vita, cambiandola per sempre.
Sapete qual è, secondo me, il più grande difetto di questo romanzo? È decisamente troppo, troppo, troppo breve! Sono arrivata all’ultima pagina senza neppure rendermene conto, ho chiuso il libro e mi sono intristita, perché già Margot e Caterina mi mancavano da morire. E in un certo senso è strano, perché solitamente, quando i romanzi sono troppo brevi, faccio fatica ad affezionarmi e immedesimarmi: ma Barbara Fiorio è riuscita in quest’impresa e nella mia mente Margot e Caterina sono come delle vecchie amiche. Leggendo semplicemente la trama probabilmente non sarete in grado di capire la mia adorazione per questo romanzo: niente eventi particolari, niente stranezze, niente che magari salti subito all’occhio. Ciò che rende questa storia, all’apparenza banale, meravigliosa, è la scrittura di Barbara Fiorio: un’ironia pungente permea l’intero romanzo. Ho sghignazzato, mi sono fermata a riflettere, ho riso di gusto in stazione attirandomi gli sguardi straniti dei passanti, ho pianto in treno come una cretina ripensando alla mia nonna e alle cose terribili che possono accadere nella vita, attirandomi questa volta sguardi quasi di rimprovero (?). Era tanto che non mi capitava un libro così, un libro del quale non puoi interrompere la lettura non solo perché sei completamente immersa, ma soprattutto perché senza neanche accorgertene l’hai già finito e lentamente rinvieni, aiutata dal cellulare che squilla, con tua sorella all’altro capo della linea che ti dice che sta tornando da scuola e tu, presa com’eri, non sei neanche ancora entrata in cucina (per non parlare del fatto che indossi ancora il pigiama). Barbara scrive esattamente come vorrei essere capace di scrivere io. I suoi personaggi sono incredibilmente reali, vividi, esci dalla porta di casa e ti aspetti di incontrarli da un momento all’altro (tra l’altro la cosa mi farebbe anche enormemente piacere, Tormento escluso).
Un’altra cosa che ho apprezzato molto è stato ritrovare nel romanzo dei luoghi che conosco: ho passato un anno della mia vita a Genova (anno che in realtà non ricordo con molto piacere) ed è stato elettrizzante per me trovare citati luoghi in cui sono stata di persona. Per non parlare dell’atmosfera che si respira tra le pagine quando seguiamo Margot a passeggio tra i caruggi, ricchi di colori e profumi inconfondibili. Altra cosa che mi ha colpito date le mie esperienze personali è stato il rapporto tra Margot e il suo gatto Diesel e le loro vicende: ho tre gatti, ho avuto per casa dei gatti sin da quando ero bambina e, da frignona quale sono, le storie che coinvolgono cicciotti felini domestici mi emozionano sempre molto.
Attenzione, non pensate erroneamente che in questo romanzo le cose siano tutte rose e fiori: è un ritratto di una fetta di realtà, e come tale le cose non sempre finiscono bene, la giustizia non sempre trionfa. Purtroppo fin troppo spesso bisogna accontentarsi di compromessi.
In definitiva, un romanzo che ho adorato e che ha fatto sicuramente balzare Barbara Fiorio nell’Olimpo dei miei autori preferiti. Sicuramente leggerò altro di suo!