La figlia dei ghiacci - Matthew Kirby
La figlia dei ghiacci è entrato a far parte della mia libreria lo scorso anno, comprato usato allo stand del Libraccio al salone del libro di Torino. Me lo ricordo bene perché due minuti dopo averlo acquistato me lo sono fatto autografare da Paolo Barbieri, dato che la bellissima copertina è una sua creazione. Non so bene cosa dirvi di questo libro, non ho le idee molto chiare, e questo mi succede praticamente ogni volta che un romanzo mi piace da impazzire: ho amato La figlia dei ghiacci e non so il perché. Sicuramente hanno influito due cose: da diverso tempo non leggevo libri fantasy non urban e non avevo alcun tipo di aspettative. Quale che sia il motivo, questo romanzo mi ha stregata.
È scoppiata la guerra e il re ha deciso di mettere i suoi figli al sicuro presso una fattoria situata in un piccolo fiordo, sconosciuto ai più, assieme ad alcuni servitori e alcune fedeli guardie. Le giornate dei ragazzi si succedono nell’attesa di un messaggero che dica loro che finalmente possono tornare in patria: i viveri cominciano a scarseggiare e l’inverno è alle porte. Quando ormai ogni minima scintilla di speranza pare essersi esaurita, una nave compare all’orizzonte, giusto poco prima che il fiordo si ghiacci: ma l’aspetto dell’imbarcazione non è quello tanto atteso, si tratta senza ombra di dubbio di una nave da guerra. E loro non hanno molto con cui difendersi.
Piaciute queste poche righe di trama? Bene, scordatele, perché potrebbero essere fuorvianti. La figlia dei ghiacci non è un fantasy pieno di guerre e battaglie come magari si potrebbe erroneamente pensare leggendo il primo capitolo, di cui in pratica vi ho fatto il sunto: ci sono degli scontri, questo sì, ma non è questo il succo della faccenda. In Icefall assistiamo alla crescita di Solveig, figlia di mezzo del re e protagonista del romanzo, ma soprattutto a farla da padrone sono le Parole sotto forma di Storie. La figlia dei ghiacci è un inno al potere del racconto: uomini indomiti e senza paura si fanno piccoli piccoli di fronte a storie e leggende ben raccontate e recitate, che fanno breccia nella loro sicurezza molto più di asce e frecce. Le parole giuste, nel momento giusto, sono medicine potenti e sono in grado di consolare o ferire con estrema rapidità. Del resto i cantori, nel mondo creato da Kirby, prendono l’azzeccatissimo nome di “Scaldi”.
“Le storie ti offrono un modo per vedere le cose. Un modo per capire gli eventi della tua vita. Anche se mentre ascolti la storia non lo comprendi.”
La mitologia cui si rifa Matthew Kirby è quella nordica, per cui nelle storie di Solveig incontriamo Thor, Odino e Loki, e ho molto apprezzato questo dato che non sono molto ferrata in materia ed è molto piacevole leggere miti diversi da quelli greco-romani ed egizi. Interessanti e ben sviluppate sono poi le dinamiche tra i vari personaggi, che occupano gran parte del libro: l’autore delinea ognuno dei presenti alla fattoria senza rifarsi a inutili cliché e senza cadere nello scontato, creando persone che per me oramai erano diventate quasi reali. Più volte, a libro chiuso, mi sono trovata a immaginare Solveig in piedi in mezzo alla stanza, in attesa del suo momento, del momento perfetto per una storia.
La figlia dei ghiacci è un romanzo che cattura, una storia fatta di tante storie, ognuna speciale, esattamente come ognuno di noi.