Le parole segrete - Joanne Harris
Le parole segrete di Joanne Harris rappresenta il primo volume della saga Runemarks, al momento costituita da questo romanzo e da Le parole di luce. È inoltre il primo libro che leggo di questa autrice e di certo non sarà l’ultimo, dato che ne sono rimasta piacevolmente impressionata.
La protagonista di questa storia è Maddy, una bambina vivace e intelligente che sin dalla nascita è sempre stata additata come “strana” da tutti i membri del villaggio di Malbry, padre e sorella inclusi, a causa di uno strano segno presente sulla sua mano, una runa. Ciò non vieta però ai simpatici compaesani della bimba di sfruttarla per tutte le emergenze magiche, fingendo però che in realtà non esistano: ed è così che un’invasione di Goblin diventa una semplice infestazione da ratti. La sua vita cambia quando incontra uno straniero, il Guercio, che le riempie la testa di tutte le storie che conosce e le insegna come usare e sfruttare le rune e la loro magia: ogni anno l’uomo misterioso torna a farle visita, informandosi sui recenti accadimenti al villaggio. Finché un giorno non le affida un’importantissima missione, che metterà la sua vita e quella del mondo intero in pericolo.
Dopo La figlia dei ghiacci, mi sono trovata con Le parole segrete ad aver nuovamente a che fare con la mitologia nordica, anche se questa volta molto più da vicino: divinità come Loki, Thor e Odino, assieme a miti e strane creature, sono infatti dei veri e propri protagonisti di questa storia. Le antiche divinità vogliono infatti riprendersi il loro antico posto, scacciando l’Innominato e il suo culto assolutista. La Harris dipinge una società in cui è proibito sognare, in cui fantasticare è immorale e se si ha l’ardire di ribellarsi non si fa una bella fine. Coloro che sono diversi sono destinati a morire: l’unico motivo per cui Maddy è ancora in vita, nonostante l’evidente marchio, è l’essere nata in un paesino di campagna molto lontano dalla Fine del Mondo il cui prete non ha ancora avuto il coraggio di denunciarla. Ancora. Quello che attende in realtà è una prova inconfutabile della sua malvagità. Ci ritroviamo in un clima quasi medioevale, con gli Inquisitori deputati a estirpare le ultime tracce dell’antico culto. La magia ha un ruolo importantissimo nella narrazione, e indovinate come si chiama la ” formula” più potente? La Parola. Nuovamente, anche in questo romanzo, viene rimarcata l’importanza delle parole e il peso che esse possono avere.
Il romanzo è ricco d’azione e di personaggi e ciò rende praticamente impossibile annoiarsi. La narrazione è impostata come una lunga fiaba, con un linguaggio molto semplice e lineare, a volte addirittura con semplificazioni eccessive. Ha un target diverso dai soliti libri della Harris e penso che forse sia anche questo uno dei motivi che ha determinato la presenza di diverse recensioni non molto positive in rete. Una delle critiche che mi è capitato di leggere più volte rivolta a questo romanzo è stata l’eccessivo numero di personaggi: io sinceramente non ho avuto alcun problema a seguire le varie vicende (sarà perché sono abituata a leggere George Martin?:P). Anzi, mi sono piaciuti moltissimo i protagonisti creati dalla Harris, Maddy e Loki in primis, quest’ultimo spesso invischiato in siparietti divertenti che ho adorato. Le altre divinità, tolto Odino, non è che siano il massimo dell’intelligenza, ma sono divertenti proprio per questo (sono l’unica a cui Thor ha ricordato il classico quaterback americano?:P). Interessanti anche gli antagonisti, che, come in tutte le fiabe per bambini, sono cattivi fino al midollo e in grado di architettare piani terribilmente intricati e diabolici. I doppi giochi e gli inganni si sprecano, del resto quando c’è implicato Loki si sa, non ci si può fidare di niente e nessuno. Non vedo l’ora di leggere il seguito per incontrare nuovamente tutta questa marmaglia.
In definitiva, Le parole segrete è un romanzo fantastico dedicato a un pubblico giovane molto ricco e interessante, scritto forse con una semplicità eccessiva ma con un wordbuilding intrigante e diverso del solito.
Il protagonista di questa storia è Nick, che ci racconta la sua vita con le sue due mamme, Erin e Jo: i primi ricordi d’infanzia, i compleanni passati assieme, i giochi e le marachelle. Ma anche le liti, la malattia, i tradimenti, l’alcool e le separazioni. È la vita di una famiglia come tante, fra alti, bassi e battute d’arresto. Ed è proprio questa, secondo me, la forza di questo romanzo: la normalità. Avere due mamme non ti rende un depravato o uno psicotico, gli unici problemi che si hanno nell’avere una coppia di genitori omosessuali sono negli occhi e nella bocca degli altri: sono loro a essere in difetto, non Nick, né Erin, né Jo. La restrizione di vedute delle persone si vede negli insulti che vengono rivolti a Nick da alcuni ragazzi, che sono sempre legati all’omosessualità dei suoi genitori, o negli atteggiamenti che la maestra delle elementari assume nei suoi confronti, per esempio non esponendo il suo bellissimo disegno solo perché non era presente un papà.
I personaggi della storia sono dipinti con estrema maestria dall’autrice e lasciano il segno: Erin e Jo sono un po’ due poli opposti, l’una precisa, pratica, molto terra terra, convinta che far finta di niente sia la miglior strategia; l’altra estrosa, insofferente, determinata a non farsi mettere i piedi in testa da nessuno e a far valere i propri diritti. E poi c’è Nick, che vediamo crescere pagina dopo pagina, imparare, sbagliare e ricominciare. I temi trattati sono moltissimi, si va dall’alcolismo, alla malattia, al tradimento, ma uno domina su tutti ed è quello della genitorialità. E quest’ultimo non sono sul piano superficiale del che significa avere due mamme e non un papà, ma su un piano in realtà molto più profondo: cosa vuol dire essere genitori? Il DNA in comune può rendere uno più genitore dell’altro?


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Ci troviamo nel futuro e ormai da alcuni anni è stata firmata La Dichiarazione: a causa della sovrappopolazione della terra, dovuta alla scoperta delle Longevity drugs che impediscono a chi le assume di invecchiare e quindi morire, i governi hanno deciso di proibire a tutti i cittadini di avere figli. Coloro che contravvengono a questa legge vengono arrestati e la loro prole, in Inghilterra, viene mandata in strutture apposite, le Surplus Hall, dove i bambini vengono educati a servire e sottomettersi e dove viene fatto loro il lavaggio del cervello, portandoli a odiare i propri genitori e a sentirsi un’errore della Natura. Anna è uno di questi Surplus, un’eccedenza: ha quasi terminato la sua educazione presso Grange Hall e presto potrà andare a servire una famiglia di Legals. Le è ben chiaro il suo posto nel mondo e si attiene rigidamente a tutte le regole, incolpando solo se stessa e i suoi genitori per eventuali punizioni corporali. Il suo mondo ordinato però crollerà quando a Grange Hall arriverà Peter, un nuovo Surplus, che non solo non conosce né rispetta le regole, ma racconta anche un sacco di bugie: sostiene infatti di conoscere i genitori di Anna. Le persone che lei odia di più al mondo. Le persone che hanno fatto di lei quello che è, un Surplus.



Il romanzo segue le vicissitudini della nostra eroina e bastano poche pagine per rimanerne completamente rapiti. La storia narrata è divertente e ironica e i personaggi sono memorabili: oltre ai soggetti inventati, tutti abilmente tinteggiati, ritroviamo anche alcune personalità famose dell’epoca, come Oscar Wilde e Bernard Shaw.